lunedì 18 dicembre 2017

Moog Minifooger Analog Delay

Come ho avuto modo di scrivere in un mio recente post, mi sono sbarazzato a malincuore del mio piccolo, ma pesantissimo ampli per bass Ashdown che ho sostituito con un più muscoloso e leggero Markbass. 

Lo smaltimento del pesante Ashdown ha implicato una forma di permuta: la sua valutazione presso un bel negozio di strumenti musicali, dove ogni tanto mi servo, è stata effettuata con la scalatura sul prezzo d'acquisto di un altro prodotto.

Mi sono quindi messo a provare qualche pedaletto qua e là finchè non mi sono imbattuto in questo Moog Minifooger Analog Delay. In realtà lì per lì non ero proprio interessato ad un delay, dato che già posseggo un Electro Harmonix che il suo sporco lavoro lo fa più che dignitosamente. Solo che appena l'ho provato mi sono detto: "cacchio! Devo averlo!" E, come sempre in questi casi, l'ho acchiappato senza indugi.

Il pedale si presenta molto solido nella fattura, ben costruito, robusto, razionale, di uso semplice ed immediato (cosa molto importante per un mezzo deficiente e mezzo cecato come il sottoscritto). Il design è belloccio e la cosa non guasta. Si tratta poi di un true bypass: quindi se spento non altera la catena degli effetti in alcun modo. Ha anche un ingresso per un pedale d'espressione. Evvai!

Si tratta di un effetto delay analogico classico con le sue belle manopolozze cicciotte e di sostanza (che oltretutto mi ricordano quelle della Ric 360/12!!!) per regolare il tempo, il feedback, il mix con il suono pulito e una manopola per il drive che incattivisce il suono (torna utile alla bisogna). Ronzii, fruscii e venticelli sono pari a zero: questo lo rende certamente più affidabile dell'Electro Harmonix (il Memory Boy De Luxe un po' di fruscio lo fa... ma che ci vuoi fare?)

Insomma: è veramente un gran bel delay. Ineccepibile. Promosso

La caratteristica però di questo effetto delay secondo me è che "arricchisce" il suono: rende il suono della chitarra più caldo e più pieno. Sarà un'impressione allucinatoria mia, ma sembra come se  aumentasse la presenza del suono. E questo risultato si percepisce anche limitando al minimo la presenza dell'effetto delay vero e proprio. 

La resa migliore l'ho ottenuta proprio con la Rickenbacker 360/12 che è una chitarra che tende ad avere un suono molto squillante e talvolta anche un po' metallico. Con questo pedale il sound è più caldo e pieno, diventa un po' più tridimensionale, e la freddezza metallica del suono si attenua decisamente. Eccellente la resa anche con la Ric 660 grazie all'estensione del sustain. Con la Tele poi è una goduria...

Al momento quindi questo Moog l'ho inserito fisso nella linea send-return dell'ampli (insieme all'Holy Grail): praticamente ho l'effetto sempre inserito anche se al minimo ritardo con un mix appropriato. L'effetto non interferisce nemmeno con il tremolo o con il Vibe. Ovviamente se voglio l'effetto delay, lo alzo senza ritegno.

Il Memory Boy invece fa il lavoro del delay vero e proprio: lo inserisco solo quando serve.

Un pedale di certo non economico, ma dal prezzo abbordabile per la qualità ed il risultato che si ottiene. Bel pedale davvero! Vale tutti i baiocchi che costa.

lunedì 27 novembre 2017

MarkBass CMD 121P Combo


Non so se qualche sperduto lettore di questo scarcagnato blog se ne può essere accorto, ma, tra le tante cose che faccio nella vita, sono anche bassista. Suonare il basso (cfr. ciò che ho scritto relativamente al mio basso Ibanez a cui sono affezionato in modo quasi patologico) è per me un'esperienza sempre fantastica: mi piace da morire suonare questo strumento e ogni volta che ne ho l'occasione non mi tiro indietro. Tant'è vero che in alcune formazioni appaio proprio come bassista. 

Ovviamente fra le tante cose belle e positive che ci sono nel suonare questo (ahimè forse troppo negletto) strumento ce ne sta pure qualcuna negativa. La cosa forse più negativa di tutte, secondo me, è che gli amplificatori per basso, per loro costituzione fisica, tendono ad essere belli pesantucci. E per un musicista della vecchia guardia come me questa cosa può essere un bel problema. 

Come ho scritto neanche tanto tempo fa, per anni mi sono servito del mio Ashdown Perfect 10 Combo: 30 watt scarsi, cono da 10' per un peso che si aggira intorno ai 30kg. Finchè le mie braccine me lo hanno consentito, me lo sono portato appresso tutto sommato abbastanza volentieri: in fondo non suona male, è piccoletto ed è buono pure per la chitarra. Ma con il passare del tempo la mia gioia ed il mio apprezzamento per questo piccolo, ma corpulento ampli si andavano assottigliando sempre di più. Finchè una sera, dopo una bella serata live in una piazza, nel riporlo nel bagagliaio della macchina, ho sentito un piccolo crack nella schiena. Lì per lì niente di che, ma la mattina dopo avevo un mal di schiena terribile che mi sono portato dietro per quasi un mese. 

Ho pertanto realizzato che ero di fronte ad un bivio: o mi tenevo l'Ashdown (e smettevo di suonare il basso in giro limitandomi a suonarlo solo nella mia saletta) oppure dovevo liberarmene. Siccome non ho alcuna intenzione di smettere di suonare il basso dal vivo (con sommo dispiacere per le tante persone che mi hanno sentito...), mi sono messo alla ricerca della soluzione.



Cerca che ti ricerca ho trovato il MarkBass CMD 121P Combo. Si tratta di un fregnetto piuttosto piccolo che a guardarlo così non sembrerebbe niente di che. Invece dispone di 300W su 8ohm, un bel cono da 12' e soprattutto non pesa nemmeno 13 kg!!!!!

Il suono di questo ampli è semplicemente fantastico: è possibile intervenire sulle manopole dei toni per ottenere il sound ideale che può oltretutto essere ottimizzato grazie ad un paio di effettuzzi che pompano o meno il suono. Ha anche un'uscita cannon per l'impianto (il povero Ashdown non aveva nulla).

Insomma ho svoltato! L'Ashdown l'ho permutato con un effetto per la chitarra: adesso andare in giro (anche per le prove) per suonare il basso è diventata una bazzecola. 

Questo MarkBass ha una valanga di pregi. Unico difetto: costicchia, non te lo regalano di certo. Ma cercando (anche in rete) si possono trovare anche delle buone offerte. Per me però è un ottimo investimento in salute. La schiena ringrazia...



venerdì 27 ottobre 2017

I suoni vecchi...


Tempo fa ho fatto una simpatica jam session di stampo blues soul con alcuni amici e compari di sventura della musica. Io mi sono portato dietro la mia Rickenbacker 660 e la 360/12 (quest'ultima l'ho usata sia per fare le clasiche ballatone che distorta per fare robettina più rugginosa). 

Gli altri chitarristi sfoggiavano le loro "solite" Gibson LP e le immancabili Fender Strato di verio genere, numero e caso. Belle chitarre non c'è che dire... Bel sound. Ci siamo molto divertiti e ci siamo sfogati come sempre in queste occasioni. 

Mentre rimettevamo nelle custodie cautelari le nostre rispettive armi di distruzione di massa, mi si è avvicinato un tizio (chitarrista) che conosco pochino in verità e mi ha detto:

"Ehi bro! Belle chitarre queste Ric! Peccato che abbiano un suono vecchio..."

Io ho avuto quel tipico attimo di spaesamento simile a quando bevi un amaro scaduto nel 1975... Ho posato la mia 660 nella custodia, mi sono girato con la lentezza di un bradipo appena svegliato da un coma profondo, l'ho guardato negli occhi con uno sguardo Sid Barret style e gli ho chiesto con tutta la dolcezza e la freschezza di cui sono capace:

"Suoni vecchi? Cosa intendi per suoni vecchi?"
"Dico che queste chitarre hanno un bel sound, ma forse è un po' datato"

Dopo aver deglutito un bel ammasso di saliva e respirato profondamente, sfoggiando un sorriso raggiante ho risposto:

"Ah sì? Perchè i suoni di una Gibson LP Traditional ti sembrano nuovi? E quelli di una Telecaster o di una Jazzmaster? Come puoi definire un suono nuovo e un suono vecchio? A me pare che i suoni mgliori delle chitarre sono proprio quelli che tu definisce vecchi. E ti faccio notare che le vere chitarre, con cui poi alla fine tutti noi suoniamo, derivano da innovazioni e concezioni tecniche degli anni '50 e '60: dopo non si è riusciti più a superare quei livelli eccezionali..."

Silenzio tombale del mio interlocutore.

Queste sono le conseguenze dei pregiudizi, del "sentito dire", del "tutti fanno così quindi anche io mi adeguo".

Suoni vecchi? Ma vedi d'annà affan(bip)!!!

martedì 3 ottobre 2017

Tom Petty (1950-2017)


Un blog come questo non può non dedicare un post per ricordare Tom Petty recentemente scomparso. Questo perchè sono sempre stato un fan di Tom Petty e poi perchè questo artista ha legato strettamente il suo stile ed il suo sound fortemente americano alle sonorità delle chitarre Rickenbacker. In molti pezzi in studio e dal vivo Tom Petty ha usato queste chitarre in varie versioni e modelli attribuendo ai suoi pezzi una timbrica molto particolare. 

La lunga carriera di questo musicista è stata quindi legata a doppio filo al marchio Rickenbacker: ed è oltretutto arcinoto che la Rickenbacker non sponsorizza alcun musicista e quindi questa scelta è stata dettata da gusti personali e stilistici di Tom Petty. 

 Più Info su: http://www.tompetty.com/


 La Rickenbacker "tipica" di Tom Petty  è certamente la 660/12TP Tom Petty Limited Edition, una versione signature della 660/12. Si tratta di una spendida 12 corde con un manico decisamente più grande della 360/12 (quindi più comoda per chi ha problemi di uso della classica 360/12). Chitarra in finitura fireglo con pickup toaster, manico neck-throu body. Semplicemente bellissima. Possedendo una 660/6 posso dire per esperienza personale che è una chitarra semplicemente fantastica, dal sound eccezionale, inconfondibile e unico: molto american style, strumento versatile e molto maneggevole. Manico fantastico. Prezzo piuttosto elevato. Difficile da trovare: una chitarra da intenditori.
Rickenbacker 660/12 TP Tom Petty Limited Edition

Tom Petty ha anche impiegato una Rickenbacker 425, diciamo la progenitrice della 660: bella chitarra dalla timbrica inconfondibile da parecchi anni fuori catalogo.
Rickenbacker 425 fireglo


Tom Petty con la sua Rickenbacker 425 fireglo

La chitarra che ha maggiormente accompagnato Tom Petty è senza dubbio la Rickenbacker 335: si tratta di una Rickenbacker 330 a sei corde costruita nella metà degli anni '60 che usciva di serie con la leva del vibrato. Credo che Tom Petty abbia rimosso l'Accent Vibrato per rimpiazzrlo con l'R tailpiece. Uscita di produzione agli inizi degli anni '70, venne riproposta negli anni '80 con la denominazione 330/VB. Oggi è molto difficile da trovare: prezzo decisamente alto. La Rick 335 di Petty è in versione fireglo con il classico "f hole" degli anni '60. Monta pickup toaster.

Rickenbacker 335 del 1966 in versione fireglo

 

Tom Petty e la sua Ric 335 con l'R tailpiece al posto della leva del vibrato

 Altra Rickenbacker che Tom Petty ha usato spesso è la 360/6 in versione mapleglo (blonde). Una grande chitarra veramente "classica" di cui è possibile aggiungere veramente poco. Parla da sè... La Ric 360 mapleglo di Petty monta pickup toaster invece degli hi-gain: si vede che questi magneti non gli piacevano proprio...

Rickenbacker 360/6 mapleglo
 
La 360 di Tom Petty

Tom Petty ha poi usato una Rickenbacker 362/12 double neck in particolare nei primi anni 80. Bello strumento: un po' complicato da suonare, difficilissimo da trovare, dal prezzo elevato.

 
Rickenbacker 362/12 mapleglo

 Nella metà degli anni '80 troviamo la Rickenbacker 325 Capri jetglo al collo di Tom Petty: chitarra storica della Rickenbacker dalla sonorità estremamente beat... Chitarra un po' piccolina per i miei gusti oltretutto molto cara da acquistare.

Rickenbacker 325 Capri jetglo

Chiudo questa rassegna citando la Rickenbacker 660/12 fireglo che Tom Petty ha in mano nella copertina di "Damn the Torpedoes": praticamente un'immagine simbolo di questo grande artista americano.

Rickenbacker 660/12
 

la copertina dell'album "Damn the Torpedoes"






 

venerdì 8 settembre 2017

Ashdown Perfect Ten Bass Amplifier


Dedico questo post ad un piccolo ma fedele compagno di tante strimpellate domestiche e pubbliche: il mio caro Ashdown Perfect 10 Bass Amplifier.

Si tratta di un poco ingombrante amplificatore per basso da 30W con cono da 10'. Dispone di volume, controlli di tono, un gain, un tasto che rende il suono più o meno asciutto, un ingresso per la cuffia e ovviamente uno per lo strumento. L'amplificatore è rivestito con una morbida moquette nera che lo preserva dagli urti (ma non dai mozziconi di sigaretta e dai bicchieri di birra...).

Questo amplificatore ha pochi watt, ma un suono tutto sommato piuttosto buono considerato che si tratta di un amplificatore economico. Personalmente l'ho usato in modo massiccio sia per le prove ma anche dal vivo in particolare in localetti di piccole dimensioni. Ovviamente più si alza il volume, più si mette sotto sforzo l'amplicatore (rischio distorsione) più amenta il fruscio. In qualche occasione l'ho usato anche in spazi abbastanza grandi come piccole piazze con risultati soddisfacenti. Purtroppo manca un'uscita line out per collegarlo ad eventuali impianti di amplificazione: in questi casi ho sopperito con un microfono penzolante dal manico. Non era la fine del mondo, ma ho sempre ottenuto buoni risultati.

Il suo uso più ovvio è quello di amplificatore da basso. Infatti ci collego solitamente il mio basso Ibanez (vedi apposito post). Il sound complessivo è decisamente dignitoso per un piccolo ed economico amplificatore da cameretta. Tuttavia in non poche occasioni ho usato questo ampli per la chitarra: in particolare per la mia Epiphone Casino. Il risultato è stato decisamente sorprendente. Siccome la Epiphone Casino ha un sound piuttosto pienotto e grosso, questo amplificatore da basso è stato in grado di rendere il suono di questa chitarra in modo praticamente ottimale. In non poche occasioni ho utilizzato questo piccolo Ashdown per suonare dal vivo in piccoli pub per fare del buon vecchio blues: tuttavia anche con repertori più cattivelli ha fatto sempre il suo porco dovere. 

Insomma un buon ampli da basso, ma anche un buon muletto per la chitarra. In qualche occasione ho utilizzato questo amplificatore per amplificare la Rickenbacker 360/12. In verità sempre solo per strimpellate domestiche e mai in condizioni dal vivo perchè con le Rickenbacker (la 360/12 e la 660) ho sempre usato il mio Egnater. 

In breve si tratta di un piccolo e fedele compagno di "merende" dal vivo sia per il basso ma anche per la chitarra (generi blues con la Epiphone Casino). Unico neo: pesa un sacco per i watt che ha. Quasi trenta chili per trenta watt: in pratica un watt al chilo. Manco fossimo dal norcino... Caricalo in macchina, tiralo fuori dalla macchina, portalo in qualche pub che ovviamente è dotato di rampe di scale pazzesche, strette e ripide e poi ripredilo su, ricaricalo in macchina e così via: il tutto per 30 watt scarsi ... In alcuni di questi casi devo ammettere che, fra me e me, ho smadonnato anche pensando all'Egnater che pesa 24 kg...

Giorni fa, dopo una serata in piazza, nel sollevarlo ho sentito un piccolo crack alla schiena... E non ho più (da un pezzo ormai) venti anni...

giovedì 6 luglio 2017

La Rickenbacker 360/12 non amplificata


Me & my Rickenbacker 360/12
La cose che sto per scrivere magari sembreranno delle cretinate: per me francamente non lo sono. Comunque massimo rispetto per quelli che non saranno d'accordo e chiedo pazienza infinita a tutti gli altri.

Una delle cose che mi piace fare piuttosto spesso è suonare la Rickenbacker 360/12 non amplificata: insomma non collegata all'amplificatore, come se fosse una chitarra acustica. In effetti questa chitarra è una semi-acustica: anche se ha una camera cava interna non particolarmente grande per la presenza di un bel blocco interno alla cassa armonica (insomma non è una chitarra completamente vuota come ad esempio la Epiphone Casino), un po' di suono acustico dal cat-eye (la fessura a occhio di gatto) alla fine esce.

Una persona dotata di buon senso potrebbe chiedersi: perchè? Che senso ha? Secondo me il suo senso questa cosa ce l'ha. Eccome.

In primo luogo, strimpello la mia Ric 360/12, diciamo così, da "spenta" (come mi ha detto un tizio) per fare pratica ed esercizio quotidiano per le mani. Come ho già scritto altrove, questa chitarra necessita di pratica frequente per adattare le mani all'impostazione peculiare che questo strumento impone. Insomma: ci faccio ginnastica. 

Poi mi piace molto la scorrevolezza e la comodità della tastiera: per molti è un inferno perchè troppo stretto, ma per me è il più comodo con cui abbia mai avuto a che fare. Le mani corrono su questa tastiera liscia come una pista da bowling con una facilità estrema. Fantastico, semplicemente fantastico.

E poi volete sapere la verità? Mi piace il suono acustico di questa chitarra! E' molto particolare, ricchissimo di armoniche. Anche quando amplifico questa chitarra, gli accordi producono un sound unico che nessuna altra chitarra mi sembra riesca a fare: arpeggi incredibili che, magari con la Telecaster, non mi vengono... Ma quando questa chitarra non è collegata all'amplificatore, tutti questi suoni, queste armoniche si sentono con una distinzione particolare. Inoltre da quando ho sostituito l'R tailpiece con il Trapeze il suono è diventato più bello: non saprei in quale altro modo definirlo. Forse è cambiata l'altezza e la scalatura delle corde: che ne so?!? 

Ci sono delle volte che mi viene in mente l'idea di mettere un microfono davanti per vedere che succede: prima o poi voglio fare questo esperimento. A seguire esporrò tutti i dettagli su questo blog.

Insomma per me è sempre un grande piacere, oltre che un gradevolissimo esercizio, prendere questa chitarra e mettermi a suonare anche senza amplificatore. 

venerdì 23 giugno 2017

Le Chiavi Ric - De Luxe

A differenza della Rickenbacker 360/12 che monta le chiavi Shaller (made in Germany), la Rickenbacker 660 monta la chiavi tendi corde denominate Ric- De Luxe.

 Queste chiavi hanno uno stile molto vintage: sono molto precise e affidabili e di notevole qualità di fattura e realizzazione.

Sono pertanto un elemento molto importante per garantire una perfetta accordatura della chitarra: si tratta di dettagli  che contribuiscono sensibilmente al garantire un elevato standard qualitativo di tutto lo strumento.

Del resto l'affidabilità delle meccaniche e dell'accordatura sono un must per una chitarra degna di questo nome. Non c'è niente di peggio che dover suonare (in studio o dal vivo) con una chitarra che si scorda in continuazione, non si accorda mai in modo preciso, oppure, quando giri la chiavetta, non si riesce a beccare il punto esatto dell'accordatura e altre amenità di questo genere.  

Anche sulla base di queste considerazioni bisognerebbe scegliere una chitarra: non basta che abbia un suono "fico", deve essere affidabile anche da questo punto di vista. Quando il portafoglio lo consente, consiglio di diffidare di strumenti economici perchè prima o poi ci pianteranno in asso anche sul versante dell'accordatura: magari quando stiamo suonando dal vivo (il che equivale alla classica figura di m...)


Devo anche dire che esteticamente queste chiavi sono molto belle anche perchè danno effettivamente un tocco molto vintage a questa splendida chitarra dalle forme e dal sound inconfondibili.





giovedì 1 giugno 2017

La placca copri truss rod (nameplate)

La placca copri truss rod è un altro aspetto fortemente caratterizzante le chitarre Rickenbacker (ma anche in bassi). Spesso si può riconoscere queste chitarre (anche la loro autenticità) proprio da questo apparentemente insignificante particolare. 

Solitamente il nameplate è di colore bianco con scritta nera per tutte le livree standard. Esiste ovviamente anche in gold con scritta nera (come nel caso della Rickenbacker 660) e in "reverse color" ovvero nero con scritta bianca.


 


Solitamente queste placche sono tutte uguali: qualche modello particolare di chitarra presenta dei nameplate con delle piccole differenze (soprattutto relative alla posizione della scritta "made in USA")

Questa placca in plastica è dotata di tre viti: sotto di essa si cela il doppio truss della chitarra. Almeno nella Rickenbacker 360/12 non è possibile aprire questo vano coperto dalla placca senza allentare parecchio (o rimuovere del tutto) le corde. 

Questa placca non è un elemento di secondaria importanza. Bisogna ricordare che la Rickenbacker non la vende singolarmente con molta facilità: anzi la molla con una certa riluttanza. Questo atteggiamento mi è stato spiegato con la motivazione secondo la quale questo fatto ostacolerebbe la diffusione di chitarre Rickenbacker false. Da quello che mi è stato detto, l'unico modo per aver un nameplate originale Rickenbacker è quello di inviare alla casa madre il proprio nameplate rotto: in questo caso, accertato che il nameplate rotto è del tutto originale, ti spediscono quello nuovo. Altrimenti nisba.

Questa cosa ha delle implicazioni importanti. Il nameplate va trattato con particolare cura, soprattutto quando si interviene sul truss: non va rovinato, danneggiato, rotto perchè avere il ricambio originale non è semplice.  Peggio che mai se viene smarrito o rubato: in quel caso la Rickenbacker non ti farà avere il ricambio originale nemmeno con 10 denunce dei Carabinieri. La paura dei fake è più forte di tutto e di tutti.

Questo vuol anche dire quindi che se si acquista in giro una placca copri truss rod bisognerebbe accertarsi che sia un originale (se si tiene ad aver un originale ovvio). Inoltre l'aspetto del nameplate potrebbe aiutare a capire se ci troviamo di fronte ad una chitarra Rickenbacker farlocca. 

Aggiungo un aneddoto personale. Tempo fa mi era venuta in mente l'idea di dotare la mia Ric 360/12 di un pickguard gold: la cosa avrebbe pertanto implicato la disponibilità del nameplate dello stesso colore gold. Mentre per il pickguard non ci sarebbero stati problemi, per la placca mi è stato detto di spedire l'originale (bianca) la quale sarebbe stata verniciata in tonalità gold in fabbrica! Santo Cielo che esagerazione! Inutile dire che ho rinunciato.

lunedì 22 maggio 2017

La serata degli STORPIONS

Una serata decisamente "particolare" quella dell'esordio degli Storpions. Il pubblico non era particolarmente adatto ad ascoltare versioni completamente stravolte ed inacidite di cover classiche rock e blues... Come dire: non tutte le performance live prendono la piega desiderata ed il verso giusto: non tutte le ciambelle riescono con il buco... 

E' come quando ti trovi a suonare il liscio in un centro sociale punk o a fare musica punk in una balera romagnola... 

Ho l'impressione poi che stia diventando sempre più difficile proporre qualcosa di particolarmente innovativo. Le fughe in avanti mi pare che non vengano capite e apprezzate: la gente vuole le cover tali e quali e basta. La cosa che mi meraviglia è il gusto musicale delle generazioni più giovani: sentono cose che nemmeno mia nonna avrebbe mai ascoltato... Una sorta di "Nillapizzismo" contemporaneo, ma sempre "Nillapizzismo" è...

Boh...

Comunque noi la nostra parte l'abbiamo fatta nei limiti posti dalle condizioni ambientali semi proibitive. La Rickenbacker 660 è andata ottimamente sui suoni puliti: meno sul distorto perchè la gente rumoreggiava... Il suono più aggressivo e psichedelico l'ho dovuto smorzare talmente tanto che il sound finale alla fine non era più un gran che...

La Ric 360/12 non l'ho potuta nemmeno usare...

Evabbbbèèè....



lunedì 15 maggio 2017

E' il momento degli STORPIONS!!!!!


Venerdì prossimo (19 maggio) ci sarà la prima uscita della mia nuova combricoletta musicale (adesso si chiama: "progggetto" con tre g). Si tratta degli "Storpions". Il repertorio che proponiamo è decisamente insolito e particolare. Abbiamo smontato alcuni pezzi classici della tradizione rock, blues e pop (c'è anche qualche classico della musica "itagliana"): li abbiamo rimontati secondo i nostri gusti personali modificando, in alcuni casi pesantemente, la struttura melodica e modificato radicalmente l'arrangiamento originale. Da qui deriva anche il nome: siamo degli storpiatori di canzoni altrui e abbiamo anche un nome che è a sua volta una storpiatura...

Il risultato è a dir poco "anomalo". In pratica si tratta di un complicato lavoro di ri-composizione di questi brani: cosa che richiede molto lavoro, una certa dose di creatività, coraggio e ingegno e, lasciatemelo dire, una discreta faccia come il c...(bip!)

Se la cosa sia buona o meno, francamente non so dirlo: vedremo venerdì la reazione del pubblico. Immagino che molti faranno fatica a riconoscere le canzoni originali e forse storceranno il naso: maccchissenefrega! L'importante è sperimentare, osare, usare la fantasia...

Per certi aspetti questa idea è una sorta di reazione alla piaga del coverismo sterile e piatto che per lo meno va di moda dalle mie parti. Ormai gira gente che con uno sforzo minimo si mette a suonacchiare delle copie pare-pare delle canzoni: siamo al limite del karaoke (ovvero il peggio, del peggio, del peggio). Purtroppo la gente è contenta perchè si ac-contenta del primo che passa: inoltre la cultura musicale va scemando (in tutti i sensi: anche quello dello scemo....). Ovviamente i locali si adeguano ai gusti un po' scarsetti del pubblico. Infatti facciamo fatica a proporre 'sta roba. Ma noi insistiamo....

Io ho sempre scritto canzoni e mi è sempre piaciuto proporre il mio materiale originale. Poichè però la musica fatta di canzoni originali oggi come oggi non va (almeno qui, in questa valle di lacrime dove suono io) con questo escamotage alla fine facciamo effettivamente delle cover, ma in pratica sono "altro": sono delle canzoni nuove, riscritte ex novo. Insomma, uniamo l'utile al dilettevole.

Ecco quindi gli Storpions. Siamo per il momento in due: tastiera e chitarra. Con la tastiera viene suonato anche il basso. In attesa che mio figlio esca indenne dagli esami di maturità, procediamo per ora con la batteria elettronica. Il fatto di essere un duo è anche un esito inevitabile: al musicista medio se gli dici di stravolgere i pezzi gli viene l'enterocolite acuta. Nessuno vuole "osare": nessuno ha voluto unirsi a noi in questo lavoro. Devo dire che il tastierista in questione è un musicista con i "controcavoli". Con poche prove e un'intesa gigantesca abbiamo messo insieme un repertorio di 35 pezzi sconvolti. del resto ci definiamo: gli StravolgiCover...


PS: ovviamente io andrò ampiamente Rickenbacker-munito...

PPSS vediamo se a breve riuscirò a mettere qualche demo di 'sta roba, tanto per dare un'idea di quello che facciamo


martedì 2 maggio 2017

MXR M68 Uni-Vibe

Distrutto dalla disperazione a causa del fruscio insostenibile (più simile ad una tempesta di bora triestina che ad chorus), ho deciso di disfarmi del Nano Clone della Electro Harmonix. Di solito non rivendo mai quello che ho acquistato (tranne una vecchia ed insuonabile 12 corde acustica della EKO circa un miliardo di anni fa...): in questo caso non ce l'ho proprio fatta a tenermi questo "pedalino" (il confronto con un calzino è appunto calzante), Nemmeno messo su uno scaffale o per terra da una parte. Non ce l'ho fatta... Non si poteva proprio usare. Inoltre il suono del chorus in generale cominciava a darmi un certo fastidio: quel sound così anni '80 (un periodo che detesto anche se poi i decenni successivi sono forse stati anche peggiori), così progressive, è proprio lontano anni luce da me. 

Sorry, ma ho dovuto chiedere il divorzio.

Ho deciso quindi di permutarlo in qualche modo anche per cercare di far fruttare la spesa un po' cretina che avevo fatto a suo tempo. Certo le cose che ho scritto sul Nano Clone su questo blog le confermo e le sottoscrivo: tuttavia dovevo darlo via, farmelo valutare qualcosa e rimpiazzarlo con un pedale decente. 

La cosa non si è dimostrata per niente facile: nessuno lo voleva indietro nonostante fosse immacolato, con la sua scatola in perfette condizioni. Nemmeno una righina, una scalfittura, un'ombra. Praticamente nuovo. Del resto: come avrebbe potuto essere altrimenti? Non si poteva usare: grazie al cavolo che era nuovo.... Nessuno lo valutava, nessuno lo voleva: in alcuni negozi ne ho trovati altri disposti pigramente sullo scaffale, usati, come il mio, ma perfettamente nuovi, perchè i proprietari non li avevano potuti usare: proprio come me...

Alla fine un negozio me lo ha valutato e anche piuttosto bene devo riconoscere: questa è la prova provata che Dio esiste e, dall'alto dei cieli, ci osserva e soprattutto ascolta le suppliche dei musicisti. Vista la valutazione molto soddisfacente ho proceduto all'acquisto di un pedale che, per un nostalgico come il sottoscritto, non può mancare in una pedaliera dal gusto un po' retrò e vintage. Ho preso il pedale MXR M68 Uni-Vibe.

Questo pedale in pratica è una specie di effetto del genere "rotazione", del tipo, con le dovute proporzioni, "leslie" per chitarra. In termini molto generali, ma veramente molto generali, è una specie di chorus-vibrato-phaser dal sound molto anni '60. Piuttosto usato alla fine infatti degli anni '60 e primi '70 l'Uni-Vibe (originariamente prodotto da UNIVOX), questo effetto fa pesare il suo sound su brani di Jimi Hendrix e dei Pink Floyd.

Questo pedale della MXR ovviamente è la versione moderna, compatta e decisamente economica di quel leggendario pedale. Si presenta piuttosto semplice da usare visto che il tutto è gestito da tre manopole che permettono di dosare l'effetto in modo abbastanza preciso e puntale. E' presente inoltre un selettore che trasforma l'Uni-Vibe in un vibrato vero e proprio, dato che di default lavora con questo effetto particolare di rotazione-diciamo phaser-chorus.

Senza entrare in una valanga di dettagli e tecnicismi inutili da super-capiscione (quale io decisamente non sono) vorrei venire decisamente al dunque circa questo pedale. Innanzitutto bisogna capire quello che non fa: non è un chorus, non è un tremolo, non è un phaser. E' un pedale con un suo sound caratteristico, molto caratteristico, il cui uso va quindi dosato con una certa attenzione. 

Diciamo poi che tende a produrre un sound decisamente psichedelico ma se usato a vanvera rischia di impastare tutti i suoni. Mentre l'effetto Vibe rimane piuttosto cristallino, l'effetto di base tende a scurire il suono della chitarra: quindi bisogna lavorare un po' sulle manopole, sui pick up e sui toni dell'ampli. Richiede del lavoro ulteriore se usato con il distorsore. Anche come collocazione nella catena dei pedali si richiede un po' di attenzione: io l'ho sistemato all'inizio, subito dopo il Wha-Wha e prima del distorsore per poter mantenere un certo controllo sulle timbriche generali. Il pedale è comunque un true by-pass quindi non scoccia quando è disattivato. L'Uni-Vibe non costa pochissimo, ma si può acquistare. L'effetto che produce è molto bello, ma deve piacere: non si può usare sempre e dovunque, richiede pazienza, impegno, un po' di applicazione personale e va sperimentato di volta in volta. Non è il classico pedale che lo pigli, lo attacchi e vai... Sicuramente lo pigli e lo attacchi, ma poi ci devi perdere un po' di tempo. Non indicato per chi va di fretta.

Per qualcuno sarà pure un po' datato, per altri (come me per cui oltretutto la lentezza è uno stile di vita) è molto affascinante...   

Insomma non è un pedale qualsiasi. Siccome ha un sound particolare, richiede pertanto un po' di esperienza per il suo uso. Sicuramente, dopo un po' di pratica, si riesce ad ottenere una timbrica senza dubbio originale, un po' vintage e di certo non comune fra i chitarristi "standard": con l'Uni-Vibe ci si distingue di certo e non si passa inosservati. Però, ripeto, bisogna lavorarci un po': non è un semplice chorus. Molto bello l'effetto che si ottiene con la Rickenbacker 660, decisamente originale il risultato con la Rickenbacker 360/12

Personalmente mi piace molto quel tocco psichedelico che dà al suono, quella timbrica sospesa così particolare, inconfondibile e leggendaria, quel non-so-che che magari al chitarrista più esperto porta a chiedere: "ma che c'hai l'Uni-Vibe?"

Comunque un pedale impegnativo e deve piacere come sound (da provare prima quindi), non c'è che dire: e comunque non fruscia per niente. E scusate se è poco.





lunedì 10 aprile 2017

mercoledì 5 aprile 2017

"Screams in the Backyard" ad Amelia

Una serata tutto sommato niente male quella di Amelia (Tr) dello scorso venerdì 31 marzo. Non c'era molta gente; eravamo quindi forse un po' demotivati, ma ci siamo decisamente sfogati con il classico tsunami di sound degli Screams in the Backyard.

Io mi ero portato la mia Rickenbacker 360/12 e la Fender Telecaster American Standard. La Ric 360/12 l'ho usata in pezzi molto pesanti dove dovevo fare essenzialmente delle ritmiche molto dure. L'ho suonata con un bel po' di distorsione (valvole + MXR '78 custom Badass) suonando principalmente le corde più basse. Il risultato è stato un sound "industriale" duro, ruvido, abbastanza metallico; un bel botto non c'è che dire. L'effetto che volevo ottenere era proprio questo: quindi sono rimasto molto soddisfatto.

Ovviamente sono rimasto molto soddisfatto anche della performance della Tele: un classico, senza sorprese, sempre affidabile. Un bel mulo da lavoro.

La cosa più positiva della Ric comunque rimane per me il manico. Per molti è un problema, dato che è piuttosto stretto, ma per me resta in assoluto uno dei più comodi che conosca. Ho potuto suonare parecchio, pestando a più non posso senza il minimo sforzo. Anche la grande dinamica dei pick up hi gain contribuisce a facilitare le cose.

Insomma la Rickenbacker 360/12 può essere secondo me impiegata anche nella musica "dura". Indicata per le ritmiche pesanti, si può usare anche per degli assoli decisamente particolari. Qualche problema per fare il bending, ma ci si può arrangiare...

Eccomi al lavoro con la Ric 360/12

E' il momento della Telecaster

La foto più bella di tutte: con mio figlio Flavio alla batteria

giovedì 30 marzo 2017

Gli "Screams in the Backyard" ad Amelia (Tr)

Gli "Screams in the Backyard", temutissimo gruppo con cui suono da più di 40 anni (!!!!), tornano con una serata live al mitico "Porcelli Tavern" di Amelia, uno dei templi storici della musica dal vivo del centro Italia.

Suoneremo il nostro più classico repertorio di brani originali in versione hard-psycho-blues: un bel po' di distorsione ed un bel po' di volume. Tanto per gradire. 

Con me porterò anche la mia Rickenbacker 360/12 che suonerò con un mare di distorsione... Hai visto mai...

Come sempre la musica degli "Screams in the Backyard" logora chi non la suona... 

Ci vediamo al Porcelli Tavern di Amelia (Tr) dalle ore 23.00 di 
Venerdì 31 marzo 2017

giovedì 9 marzo 2017

Mooer Tender Octaver

Poco tempo fa ho deciso di acquistare (anche per via del prezzo molto accattivante) questo piccolo pedale della Mooer: il Tender Octaver.

Si tratta di un classico pedale Octaver (ovvero genera un suono un'ottava più bassa ed un'ottava più alta rispetto al suono di base) dalle dimensioni molto ridotte (è veramente piccolo!) e dalla qualità costruttiva decisamente buona. 

Ho avuto modo di fare conoscenza in passato dei piccoli pedali della Mooer (ho visto un Wah-Wah microscopico ma forse il mio piede calibro 45 non gradirebbe...) poichè un amico chitarrista ne ha parecchi e devo dire che mi hanno sempre fatto una buona impressione. Siccome ho una valiga porta pedali piuttosto piccola ho adocchiato questo pedale e l'ho provato senza indugio. La prova mi ha convinto e l'ho comprato.

I comandi sono pochi e molto semplici da usare e questo è un asset (ormai si dice così... pazzesco!) decisamente importante per un mezzo deficiente incapace come il sottoscritto: quando ho a che fare con cose digitali con mille funzioni numeriche e con manuali di istruzioni grossi come l'elenco del telefono di Tokyo (spesso anche tradotti in un italiano grottesco - decisamente più chiaro l'inglese o il cinese) mi viene una bella crisi di nervi. C'è anche da dire che, a parte i summenzionati limiti personali, avere pedali semplici è sempre comodo quando si suona dal vivo e bisogna intervenire (spesso in penombra) tempestivamente sui suoni: un paio di girate alle manopole e via senza problemi.

Insomma questo piccolo Octaver è molto semplice da usare. Possiede tre manopole. La più grande centrale miscela il suono dall'origine (suono pulito) fino all'effetto pieno. Poi ci sono due piccole manopole: con una si aumenta o meno l'immissione dell'effetto octaver sull'ottava più bassa, con l'altra si fa lo stesso con l'ottava più alta. Tutto qui. Non c'è altro. Non serve quindi una laurea in informatica o in ingegneria

Il piccolo pedale in questione è un true by-pass: questo significa che quando è spento non crea interferenze o scocciature di alcun tipo sulla catena degli effetti. Insomma sparisce: come se non ci fosse. Questo aspetto sembra una cosa stupida, ma non è così. Esigete sempre pedali true by-pass perchè avere un pedale che altera il suono (ad esempio smorza il volume: un classico) anche quando è spento è una cosa che non si augura nemmeno al peggior nemico... I true by-pass magari costano una 'nticchia di più, ma sono soldi ben spesi. Credetemi.

Altro aspetto molto positivo di questo pedale è che non ronza e non fruscia (oooh: meno male!). Inoltre la qualità dell'effetto che produce è decisamente buona (non ha ritardi o cose strambe che ho sentito su Octaver economici o non molto aggiornati). Insomma il suo lavoro lo fa molto bene. Si chiama "Tender Octaver": ed è vero perchè non produce un effetto invadente o aggressivo.

A che serve un Octaver? 

Personalmente ho attribuito al mio piccolo Mooer alcune funzioni importanti. 
Spesso mi capita di suonare con qualche trio acustico o elettro-acustico del tipo: chitarra-percussione-voce oppure due chitarre e voce et similia. Usando anche un looper mi capita di registrare una volo una piccola sezione di basso realizzata con la chitarra e l'effetto octaver. Poi magari ci faccio qualche assolo. Il Tender Octaver (settato nella maniera giusta) è capace infatti di generare un suono molto affine al basso. In particolare ocn la mia Epiphone Casino si ottiene un effetto di basso molto caldo e vintage. Belloccio!

Insomma: tutto questo può essere un piccolo plus.

Inoltre con questo effetto si possono fare delle ritmiche molto particolari. La Rickenbacker 660 tira fuori un gran sound: con il distorsore poi il suono diventa decisamente "grosso". La chitarra ruggisce anche con gli assoli. In effetti tendo ad usare principalmente l'ottava bassa e poco o zero sulll'otava più alta. Il risultato è molto interessante.

La cosa più ganza è l'uso del Mooer Tender Octaver con la Rickenbacker 360/12. Miscelando le due ottave ed il suono pulito la Ric 360/12 suona come un organo. Può sembrare difficile a credersi, ma è proprio così. Non sembra più una chitarra, ma una tastiera. Se poi uno perde del tempo (molto tempo) a miscelare i suoni con la 5a manopola, le manopole dell'octaver, il Ric-o-Sound, veramente c'è da uscire pazzi.

In breve, il Mooer Tender Octaver è un pedale di gran qualità dal prezzo corretto. E' piccolo, semplice da usare e non crea problemi di sorta. Con le chitarre tradizionali può generare suoni molto ineressanti sia sul pulito che con il distorto. Per chi ne ha bisogno, può validamente generare suoni di basso molto verosimili. Il suono è sempre pulito e efficiente: niente ritorni, niente fruscii, niente schifezze.

Ovviamente l'Octaver non è un effetto che si usa in continuazione, ma di tanto in tanto. Magari miscelato con qualche cosa (un delay, una distorsione, ecc...) per tirare fuori qualche sound particolare. Anche con la Ric 360/12 si possono tirare fuori dei suoni molto particolari dall'uso da centillinare. Di certo quindi non sta lì sempre in funzione. Anche per questo il fatto che il Mooer Tender Octaver sia un true by-pass non è una cosa secondaria.

Insomma un piccolo pedale da tenere presente. Se poi uno non ha niente in contrario ad accludere nel proprio set di pedali un effetto dal colore rosa...